Nel Belpaese le microimprese tirano di più se operano in reti o distretti. Le imprese manifatturiere con meno di 10 dipendenti rappresentano l’82,9% del tessuto industriale italiano e contribuiscono sensibilmente alla ricchezza del Paese. Alle micro imprese italiane fino a 9 dipendenti si deve, infatti, il 25,5% dell’occupazione del settore (a fronte del 13,6% della media dell’Unione europea), così come pure il 14,3% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera, contro il 7% a livello medio europeo. Permangono tuttavia divari tra aziende piccole e medio grandi e all’interno del Belpaese: mostrano segnali positivi di ripresa le imprese manifatturiere del Nord, quelle di medie dimensioni, quelle distrettuali o che interagiscono con altre imprese, e le cosiddette imprese «middle class», ovvero piccole imprese con caratteristiche di media imprese, che raggiungono quota 20mila. Sull’altro piatto della bilancia, presentano ancora, invece, performance deboli, e in alcuni casi negative, le imprese con meno di 9 addetti, quelle del Mezzogiorno, quelle orientate soprattutto sul mercato domestico e le imprese «isolate». È questa la fotografia scattata dal rapporto Pmi 2007, realizzato da Unioncamere e Istituto Tagliacarne su un campione di 3.500 imprese del settore manifatturiero, presentato, a Roma, alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani.
«Il nostro paese – spiega il presidente di Unioncamere Andrea Mondello – ha un grande patrimonio da tutelare: è la piccola impresa diffusa sul territorio», considerato come «i piccoli hanno maggiori difficoltà a competere sui mercati internazionali, a fare ricerca, a introdurre innovazioni. Ecco perché le reti, le filiere, i distretti sono importanti e possono dare un valido aiuto al superamento del nanismo imprenditoriale». Secondo Mondello, inoltre, per consentire la ripresa dell’economia meridionale, «sono due i presupposti indispensabili: lo sviluppo delle infrastrutture e il recupero del pieno controllo del territorio».
Il rapporto evidenzia come il 97,8% delle imprese manifatturiere italiane abbia meno di 50 addetti. Da un confronto con l’Europa emerge, poi, che il ruolo delle imprese italiane fino a 9 dipendenti è notevolmente più elevato in termini di fatturato (11,8%), rispetto, per esempio, a quanto registrato dalle imprese manifatturiere tedesche (2,2%), britanniche (5,9%) e francesi (7,6 per cento). Simili sono i dati relativi alle medie imprese, mentre un gap negativo per il nostro Paese è registrato nella formazione del valore aggiunto delle grandi imprese. Consistente è anche il contributo delle piccole imprese (10-49 addetti) manifatturiere italiane all’occupazione, dove si registra un 31% sul totale, di gran lunga superiore alle medie europee. Si attesta, invece, al 21% l’incidenza di occupazione nelle imprese con oltre 250, segnalando un ribasso rispetto al 44,2% del Regno Unito e al 53,6% della Germania. A livello settoriale, infine, andamenti favorevoli si registrano per i settori della chimica, della produzione di metallo, della meccanica, dell’elettronica e dei mezzi di trasporto, mentre registrano segnali negativi le imprese tessili e quelle dell’abbigliamento.
Fonte: Il sole24ore
di Claudio Tucci