Taxi più cari, calano i farmaci
Gli effetti della legge Bersani, dal credito alle professioni: i successi (pochi) e le illusioni
ROMA — Che tutto non sarebbe filato liscio come l’olio, Pier Luigi Bersani lo sapeva fin dall’inizio. Anche se in qualche caso la realtà ha superato la fantasia più fervida. Chi avrebbe mai potuto pensare che un tentativo (lodevole) di liberalizzazione si sarebbe risolto con un aumento delle tariffe? Eppure questo è quello che è accaduto per i taxi, almeno a Roma e Milano. Dopo trattative estenuanti, scioperi e quasi scontri di piazza i tassisti della Capitale hanno «concesso» 1.450 licenze in più, oltre al prezzo fisso della corsa Roma-aeroporto di Fiumicino. Ora stanno negoziando un aumento medio delle tariffe del 18%.
A Milano la concessione è stata quella di far guidare lo stesso taxi a due persone diverse. Il fratello, il coniuge, il cugino? Poco importa. Ciò che conta è che le tariffe sono salite anche in questo caso del 20% circa. Si dirà: è già un bel risultato. Ma non è quello che milioni di cittadini si aspettavano. Eppure nella legge che Bersani aveva voluto c’era una bella tagliola per scoraggiare chi remava contro la liberalizzazione. I Comuni, perché le decisioni sui taxi sono di competenza esclusiva dei Comuni, potrebbero imporre ai riottosi «bandi onerosi» per distribuire nuove licenze. Ebbene, finora c’è stato un solo caso: a Bologna, dove il sindaco Sergio Cofferati è riuscito a ottenere d’autorità 41 (quarantuno) licenze. Bersani non è il tipo che si deprime facilmente. Ed è noto che vede sempre il bicchiere mezzo pieno. Qualche risultato, del resto, l’ha portato a casa. Dopo le iniziali difficoltà, per esempio, l’abolizione dei costi di ricarica per i telefonini avrebbe fatto calare da marzo a oggi i prezzi della telefonia mobile del 14,2%: questo, almeno, sostiene l’Istat. E poi ci sono le farmacie. Con la norma che ha consentito la vendita dei farmaci da banco (come l’Aspirina) anche nei supermercati e nelle «parafarmacie » sono stati aperti finora 1.661 nuovi punti vendita. E 5 mila giovani farmacisti avrebbero trovato lavoro. Per non parlare del calo dei prezzi fra il 20 e il 30%. Ma anche in questo caso non è stata una passeggiata. Non sono mancate neppure polemiche insidiose.
C’è chi ha detto che si trattava di una liberalizzazione fatta su misura «per favorire le Coop». Accusa rispedita da Bersani al mittente così: «Lo sapete chi è stato il primo ad approfittarne? Un imprenditore di Vicenza, che peraltro ha dichiarato di votare per Forza Italia». Comunque sia, il ministro dello Sviluppo non si è fatto molti amici fra le banche, le assicurazioni, le categorie professionali, i petrolieri. E nemmeno in Parlamento, a giudicare da come stanno andando le cose. La sua cosiddetta «Terza Lenzuolata» di liberalizzazioni, che stabilisce fra l’altro l’illegittimità della commissione sul massimo scoperto applicata dalle banche, libertà di sconto sul prezzo dei libri, l’eliminazione di ulteriori vincoli per le farmacie, l’abolizione del libro soci per le società minori e norme di trasparenza obbligatoria per chi eroga servizi pubblici, è ferma in Parlamento. Parcheggiata al Senato in attesa che si approvi la Finan ziaria. Con una doppia beffa. La prima, che gli hanno infilato dentro un emendamento che pubblicizza i servizi idrici. La seconda, che quell’emendamento è finito ora nel decreto fiscale e sarà approvato prima della Lenzuolata e anche della liberalizzazione dei servizi pubblici locali per cui si sta battendo Linda Lanzillotta. Come stupirsi? Nemmeno le due Lenzuolate precedenti, nel Paese delle lobby, hanno fatto fare molti salti di gioia. Ha detto Bersani: «In alcuni settori le iniziative assunte non hanno espresso ancora la loro carica innovativa per il breve tempo trascorso dalla loro introduzione». Ma è un eufemismo.
Le associazioni dei consumatori si lamentano soprattutto di banche e assicurazioni. È un fatto che la portabilità dei mutui, prevista da una disposizione che ne consentirebbe il trasferimento da una banca all’altra senza spese ipotecarie aggiuntive, sia di fatto inapplicata. Ora c’è un tavolo di trattativa aperto con le categorie e si tratta di vedere se riuscirà a sbloccare la situazione. In compenso, secondo l’Adusbef, l’aumento dei tassi avrebbe portato nelle casse della banche 5,7 miliardi in più per gli interessi sui mutui in un solo anno. E in parte «illusoria », secondo le stesse fonti, sarebbe la gratuità della chiusura del conto corrente, visto che le spese relative sarebbero state sostituite da altri «costi ombra» variabili da un minimo di 12 a un massimo di 95 euro. Al ministero dello Sviluppo economico, che ha fatto presente all’Antitrust le difficoltà incontrate dalle liberalizzazioni in banca, sostengono che la propensione a cambiare banca è comunque aumentata considerevolmente, al punto che ormai riguarda il 14% della clientela. Ma analoghe difficoltà si segnalano anche nelle assicurazioni, dove l’applicazione delle Lenzuolate (con l’eccezione del risarcimento diretto) procederebbe con una certa fatica per le resistenze della categoria: caso di scuola, la norma che consente di assicurare anche la seconda auto conservando la categoria bonus malus più favorevole. Faticosa si è rivelata finora pure la liberalizzazione delle professioni e di alcuni mestieri. L’abolizione delle tariffe minime non ha dato ancora praticamente risultati. Soprattutto, argomentano al ministero dello Sviluppo, per problemi di natura «culturale »: la gente si rivolge all’avvocato o all’architetto spesso attraverso canali di conoscenza personale, e di conseguenza non discute mai le condizioni economiche.
Ma anche l’azione di freno degli Ordini ha avuto il suo peso. Unico dato apprezzabile, il risparmio ottenuto sulle parcelle dei progettisti di opere pubbliche: 38%. Peccato che ora, in Parlamento, si starebbe pensando a una clamorosa marcia indietro ripristinando le tariffe di riferimento per gli appalti pubblici, con la giustificazione che un eccessivo risparmio potrebbe pregiudicare professionalità e sicurezza. Né ha ancora dispiegato i suoi effetti la norma che autorizza i professionisti a farsi pubblicità, che era stata duramente contestata dagli Ordini. Grossi problemi ci sono anche per la liberalizzazione di alcuni piccoli monopoli, come quello delle autoscuole o delle guide turistiche: gli stessi che normalmente si incontrano quando ci sono di mezzo gli enti locali, in questo caso le Province. Qualche eccezione c’è sempre. Ma per una Provincia (Roma) che apre il mercato a 4.900 nuove guide turistiche c’è una intera Regione (la Sicilia) che blocca tutto: dalle autoscuole ai parrucchieri. La motivazione? In Sicilia le Lenzuolate bersaniane non si dovrebbero applicare perché è Regione a statuto speciale. Come se i capelli dei palermitani fossero diversi da quelli dei milanesi.
Fonte: Il corriere della sera
di Sergio Rizzo
28 ottobre 2007