In calo la tassazione sulle imprese italiane

L’Italia non è più il “brutto anatroccolo” dell’Europa per la tassazione d’impresa. Slitta infatti nella classifica internazionale dal quarto al sesto posto tra i paesi Ocse, con un’aliquota nominale – data dalla combinazione di Ires e Irap – che nel 2007 era del 37,25 per cento e che quest’anno, grazie alla Finanziaria 2008, è scesa al 31,4 per cento.
Dal 1° gennaio di quest’anno, infatti, l’aliquota Ires è scesa nel nostro Paese dal 33 al 27,5 per cento, mentre quella Irap dal 4,25 al 3,9 per cento. L’Italia, quindi, migliora sensibilmente la sua posizione nel ‘ranking’ internazionale, lasciando nell’Ue la maglia nera al Belgio.
È quanto emerge da uno studio della Kpmg, il network internazionale di società di servizi professionali che come ogni anno, a partire dal 1993, pubblica un’indagine sulla tassazione indiretta e delle imprese e che nel 2008 ha preso in considerazione i sistemi fiscali di 106 Paesi del globo.
Nel 2007 l’Italia si qualificava come uno dei paesi al mondo con le aliquote fiscali più elevate sui redditi d’impresa (37,25 per cento), preceduta solo da Giappone (40,7 per cento), Stati Uniti (40 per cento) e Germania (38,36 per cento), posizionandosi quindi al secondo posto nel quadro Ue, la cui aliquota media era del 24,2 per cento.
Il 2008, vede il nostro Paese, con un’aliquota in diminuzione di quasi sei punti percentuali, più favorevole alle imprese, non soltanto a confronto con i paesi extra Ue come il Giappone (40,69 per cento), gli Usa (40 per cento) e il Canada (36,1 per cento), che salgono sul podio della tassazione d’impresa più elevata, ma anche e soprattutto nel contesto europeo.
Belgio e Francia, infatti, si assestano al quarto e quinto posto con aliquote nominali pari rispettivamente al 33,99 per cento e al 33,33 per cento, mentre la Germania che nel 2007 deteneva la terza posizione nella classifica internazionale, grazie alla riduzione del 30 per cento delle aliquote, è scesa all’undicesimo posto con una tassazione del 29,51 per cento. Inoltre, con una media del 23,2 per cento, un punto percentuale in meno rispetto allo scorso anno, l’Ue risulta per le imprese l’area economica più conveniente mentre l’Asia- Pacifico quella più salata con un’aliquota media del 28,4 per cento.
Ma se l’Europa è il continente migliore dove fare impresa, non è di sicuro il migliore dove spendere. Dallo stesso studio emerge infatti che l’Ue è l’area economica dove l’Iva è più alta con un’aliquota media del 19,5 per cento, a fronte di un livello medio internazionale di imposizione indiretta pari al 15,7 per cento.
Tra i paesi Ue, l’Italia si ferma all’ottavo posto con l’Iva al 20 per cento, mentre salgono sul podio i Paesi scandinavi: Svezia e Danimarca al 25 per cento e Islanda al 24,5 per cento. Giappone e Canada con aliquote al 5 per cento sui consumi ribaltano le prime posizioni sulla tassazione d’impresa. Fuori classifica, invece, gli Usa, dove non esiste un’imposta nazionale sul valore aggiunto, ma ogni singolo stato applica secondo la propria giurisdizione imposte su consumi e servizi.
In conclusione, lo studio della Kpmg dimostra che in tutto il panorama internazionale le tasse sulle imprese sono in calo evidenziando al contempo che per fronteggiare la diminuzione di gettito, i governi dei diversi Paesi adottano nuove strategie d’imposizione ‘real time’ sui consumi. “Nei prossimi anni assisteremo probabilmente ad una vera e propria rivoluzione fiscale a livello globale – ha affermato Domenico Busetto, esperto di fiscalità internazionale per KPMG – con il progressivo passaggio dalla tassazione diretta a quella indiretta, come principale fonte d’entrata per i governi nazionali”.
A sostegno di questa ipotesi i dati su Singapore che ha aumentato l’Iva di ben 2 punti percentuali, portandola dal 5 al 7 per cento; mentre in India è allo studio l’introduzione di un’unica imposta indiretta a livello nazionale.

Fonte: FisconelMondo.it

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