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Un italiano su 6 è dipendente pubblico, ma è un affare solo ai piani alti
Il precariato entra prepotentemente nella Pubblica Amministrazione. Svanisce così anche l’ultima roccaforte del posto fisso per lasciare spazio a Co.Co.Co. e contratti atipici. Sono un esercito di oltre 500mila lavoratori con la prospettiva di un futuro precario e uno stipendio di appena 900 euro al mese.
La fotografia scattata dall’Eurispes in collaborazione con la Cisl delinea un Paese, nonostante tutto, ancorato saldamente all’impiego pubblico. Nel 2006 era composto da circa 3 milioni e 600mila lavoratori (il 52,7% donne) dei quali il 42,3% dipendenti dagli Enti locali, l’1,6% dagli Enti di previdenza, ed il restante 56,1% dallo Stato centrale. In Italia un lavoratore su sei dipende dalla Pubblica Amministrazione. Considerando anche i rapporti di consulenza e i dipendenti delle ditte a cui sono affidati lavori di pubblica utilità o di appoggio alle stesse amministrazioni, il “pubblico” in Italia garantisce l’occupazione ad oltre 4.500.000 lavoratori.
A farne le spese, osserva l’Eurispes, sono soprattutto gli stipendi: tra i più bassi in Europa con una media netta di 23.500 euro annui. Le retribuzioni più modeste spettano ai dipendenti con contratto a tempo determinato. Nel 2005 i Co. Co. Co. hanno registrato un costo medio annuo a contratto pari a circa 11.000 euro, che corrispondono a 910 euro mensili. In particolare, segnala l’Eurispes, le Regioni guidate dal centrosinistra sono quelle che ricorrono maggiormente a contratti a termine mentre il maggior numero di dipendenti pubblici si concentra al Sud. Dallo Stato centrale fino ai Comuni, conclude l’Eurispes, la politica delle “quote rosa” ha riscosso un certo successo. Le donne occupano oltre il 50% dei posti ma quando si concentra l’attenzione sui ruoli dirigenziali, la percentuale crolla dal 52,7% al 27,02%.
Ai “piani alti” gli stipendi raddoppiano e per il gentil sesso resta poco spazio. Un recente studio dell’università Bocconi disegna l’identikit del dirigente pubblico: “Maschio (nel 73% dei casi) di 52,5 anni d’età e 21 anni di servizio (la media), un titolo di studio elevato (87% laurea, 4% post-laurea), assunto a tempo indeterminato (82,5%) e con uno stipendio di 81.976 euro lordi l’anno, in linea con quanto guadagnano i pari grado nel settore privato” (come mostra la tabella al piede).
Insomma uno stipendio da nababbi rispetto agli standard pubblici. Ancora di più se il raggiungimento degli obiettivi (fondamentale nel privato) conta nella retribuzione appena l’8 per cento. Lo sanno bene gli inquilini di Montecitorio che proprio in queste ore discutono alla Camera il bilancio interno ma soprattutto di tagli, sprechi, benefit e spese che lievitano a un ritmo del 3 per cento l’anno.
fonte: Blog/Panorama
Giovedì 20 Settembre 2007
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